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LO STALKING

E’ possibile indicare genericamente con il termine stalking un insieme di comportamenti, ad es. molestie, minacce, pedinamenti, telefonate indesiderate, ripetute lettere, plurimi messaggi nella posta elettronica ecc.) ripetuti ed intrusivi comportamenti di sorveglianza e di controllo, di ricerca di contatto e comunicazione che una persona compie nei confronti di una «vittima» che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni e comportamenti non graditi.
Benché in letteratura non esista un’univoca definizione di stalking nel corso degli anni se ne sono succedute molteplici tra cui quella di Meloy e Gothard nel 1995 che lo definivano come l’ostinato, malevolo, ripetitivo ed opprimente inseguimento di un’altra persona con minaccia della sua sicurezza. Gli stessi Autori nella definizione clinica segnalavano la presenza di un atto manifesto non desiderato dalla vittima e percepito da questa come molesto.
Oggi grazie ai molteplici studi eseguiti in tema di stalking sono stati delineati gli elementi costitutivi dello stesso.
Nella sindrome del molestatore assillante è, infatti, possibile distinguere: 1) un attore ovvero il molestatore (stalker), 2) una vittima nei cui confronti lo stalker sviluppa un’intensa concentrazione e verso cui mette in atto una serie ripetuta di comportamenti tesi alla sorveglianza e/o comunicazione e/o ricerca di contatto.
Purtroppo spesso, soprattutto per via di norme giuridiche che limitano gli interventi di prevenzione delle situazioni di emergenza, per aspetti caratteriali della vittima o per il tipo di persecuzione, i comportamenti di stalking possono essere protratti a lungo con conseguenze psicologiche negative principalmente per la vittima, ma anche per chi lo agisce e, talvolta, per chi lo osserva.
La vittima, per quanto possa essere breve il periodo in cui viene perseguitata, rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite. Le conseguenze dello stalking infatti, per chi lo subisce, sono spesso diverse e si trascinano per molto tempo cronicizzandosi.
In base al tipo di atti subiti e alle emozioni sperimentate possono determinarsi:
- Disturbi d’ansia e dell’umore;
- disturbi del sonno
- alterazione stile di vita, angoscia;
- perdita di aspettativa affettiva verso il futuro;
- costi economici (danni ai beni, spese legali, costi da perdita/cambio di lavoro, trasferimento, ecc.);
- rischio per incolumità;
- angoscia per i figli – conseguenze anche su di loro;
- disturbo da stress post traumatico.

Lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni e a negare la realtà, danneggiando progressivamente la propria salute mentale e la qualità della propria vita sociale che si deteriorano sempre di più, via via che la persecuzione si protrae nel tempo.
Oltre alla vittima diretta anche i suoi familiari possono diventare vittime in quanto possono sviluppare importanti preoccupazioni per la persona cara o forma vicarie di paura e ansia.

Chi è lo stalker?

In genere si tratta di una persona che ha avuto un pregresso rapporto con la vittima (c'è un maggior rischio se di tipo intimo). Ha una storia di persecuzione e/o violenza verso terzi, e spesso viene da una famiglia con dinamiche di aggressione o intrusione/controllo a sua volta. In genere è socialmente inefficiente e solo.
È molto importante sottolineare inoltre che lo stalking non è un fenomeno omogeneo; pertanto, risulta difficile fare rientrare i molestatori assillanti in una categoria diagnostica precisa o identificare sempre la presenza di una vera e propria patologia mentale di riferimento.
Ciò che è importante comprendere è che dietro a comportamenti di molestia simili possono celarsi motivazioni anche molto differenti tra loro. A questa conclusione si è giunti in seguito a studi che hanno esaminato il profilo psicologico di numerosi stalkers e, sulla scorta dei quali, si è giunti ad individuare cinque tipologie di stalkers, distinti in base ai bisogni e desideri che fanno da motore motivazionale (Mullen et al., 1999).
1. Una prima tipologia di molestatore insistente è stata definita “il risentito” o “Rancoroso” (frustrati, soli, rivendicativi, rifiutati dalla vittima in contatto anche casuale). Il suo comportamento è sospinto dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito ed è quindi alimentato dalla ricerca di vendetta. Si tratta di una categoria piuttosto pericolosa che può ledere prima l’immagine della persona e poi la persona stessa. Il problema più grave è legato alla scarsa analisi della realtà: perché il risentimento fa considerare giustificati i propri comportamenti che, producendo sensazioni di controllo sulla realtà, tendono a loro volta a rinforzarli.
2. La seconda tipologia di stalker è stata denominata “il bisognoso d’affetto”, una tipologia che è motivata dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore. La vittima in genere viene considerata, per via di una generalizzazione a partire da una o più caratteristiche osservate anche superficialmente, vicina al “partner o amico/a ideale”, una persona che si ritiene possa aiutare, attraverso la relazione desiderata, a risolvere la propria mancanza di amore o affetto. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di sbloccarsi e superare qualche difficoltà psicologica o concreta. Questa categoria include anche la forma di “delirio erotomane”, in cui il bisogno di affetto viene erotizzato e lo/la stalker tende a leggere nelle risposte della vittima un desiderio a cui lei/lui resiste. L’idea di un rifiuto, vissuto come un’intollerabile attacco all’Io, viene respinta con grande energia e strutturando un’alta difesa basata sull’allontanamento della percezione reale dell’altro, delle sue reazioni e della relazione reale che viene sostituita da quella immaginaria.
3. Una terza tipologia di persecutore è quella definita “il corteggiatore incompetente o inadeguato ” o “infatuato”, che tiene un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza relazionale che si traduce in comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e villani. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel perseguire la persecuzione della stessa vittima, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali cambiando persona da molestare.
4. Esiste poi “il respinto”, un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. È in genere un ex che mira a ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Spesso oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima: la persecuzione infatti rappresenta comunque una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile. Nella psicologia di questo tipo di “inseguitore assillante” gioca un ruolo cruciale il modello di attaccamento sviluppato che è una delle forme di tipo insicuro, in grado di scatenare angosce legate all’abbandono che creano una tendenza interiore, più o meno consapevole, a considerare l’assenza dell’altro come una minaccia di annientamento e di annullamento del Sé.
5. Infine, è stata descritta una categoria di stalker definita “il predatore”. E’ costituita da un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da persone con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti. I “Predatori” sono ad alto rischio violenza, agiscono anche verso sconosciuti.
Oggi il progresso tecnologico ha creato anche spazio per lo stalking via Internet, un sistema di comunicazione che rende più difficile l’identificazione del molestatore, il quale, può esprimere direttamente alla vittima le emozioni ed i desideri tipici dello stalker (rabbia, gelosia, controllo), entrando, senza invito, nello spazio intimo del destinatario. Più si restringe lo spazio vitale della vittima più aumenta il rischio di condotte violente da parte del molestatore.

Alcuni studi compiuti su questo fenomeno (Mullen P. E. & al., 2000) hanno distinto due categorie di comportamenti attraverso i quali si può attuare lo stalking.
- La prima tipologia comprende le comunicazioni intrusive, che includono tutti i comportamenti con scopo di trasmettere messaggi sulle proprie emozioni, sui bisogni, sugli impulsi, sui desideri o sulle intenzioni, tanto relativi a stati affettivi amorosi (anche se in forme coatte o dipendenti) che a vissuti di odio, rancore o vendetta. I metodi di persecuzione adottati, di conseguenza, sono forme di comunicazione con l’ausilio di strumenti come telefono, lettere, sms, e-mail o perfino graffiti o murales.
- Il secondo tipo di comportamenti di stalking è costituito dai contatti, che possono essere attuati sia attraverso comportamenti di controllo diretto, quali ad esempio pedinare o sorvegliare, che mediante comportamenti di confronto diretto, quali visite sotto casa o sul posto di lavoro, minacce o aggressioni.
Generalmente non si ritrovano due tipologie separate “pure” di stalkers, ma molestie in forme miste in cui alla prima tipologia, in genere segue la seconda specie di azioni.
Il comportamento stalkizzante è stato delineato nei suoi dettagli più specifici che permettono di distinguerlo da comportamenti simili (Galeazzi G.M., Curci P., 2001). A tal proposito, sono particolarmente importanti tre caratteristiche di una molestia perché si possa parlare di “stalking”:
1. l’attore della molestia, lo stalker, agisce nei confronti di una persona che è designata come vittima in virtù di un investimento ideo-affettivo, basato su una situazione relazionale reale oppure parzialmente o totalmente immaginata (in base al tipo di personalità al livello di contatto con la realtà mantenuto);
2. lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sulla comunicazione e/o sul contatto, ma in ogni caso connotati dalla ripetizione, insistenza e intrusività;
3. la pressione psicologica legata alla “coazione” comportamentale dello stalker e al terrorismo psicologico effettuato, pongono la vittima stalkizzata, in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico. Questi vissuti psicologici possono essere legati sia alla percezione dei comportamenti persecutori come sgraditi, intrusivi e fastidiosi, che alla preoccupazione e all’angoscia derivanti dalla paura per la propria incolumità.
Alcuni studi sul fenomeno in esame hanno mostrato dei risultati interessanti che servono a riflettere ulteriormente sulle caratteristiche delle vittime di stalking e sull’importanza della relazione che, spesso solo nella mente dello stalker, si instaura con tutta la capacità di influenza che può esercitare una relazione reale.
A questo proposito si è riscontrato che esiste una “categoria sociale a rischio di stalking” rappresentata da tutti gli appartenenti alle cosiddette “professioni d’aiuto”, vale a dire i medici, gli psicologi, gli infermieri e ogni altra sorta di “helper”. Ciò sembra trovare due spiegazioni: da un lato questi professionisti entrano in contatto con bisogni profondi di aiuto delle persone e possono facilmente divenire vittime di proiezioni di affetti e relazioni interiorizzate; dall’altro le eccessive speranze di alcuni “pazienti” possono essere tradite dalla quotidianità professionale e lo stalking diventa una domanda di attenzione o una ricerca di vendetta per l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla vita propria o dei propri cari.

IL SOSTEGNO PSICOLOGICO ALLA VITTIMA DI STALKING

Occorre tenere presente, anche che le azioni dello stalker possono essere percepite in maniera diversa a seconda della vittima ovvero della percezione soggettiva della stessa che risulta direttamente correlata anche al suo stato culturale: ad esempio una persona potrebbe trovare violenta ed intollerabile un’azione che invece un’altra persona potrebbe considerare come una sciocchezza neanche fastidiosa; oppure in una prima fase può essere gratificante ricevere attenzioni di qualcuno e si tende a fare passare del tempo prima di chiedere aiuto in quanto non c'è una percezione di minaccia.
Esistono infatti diverse fasi nelle quali potrebbe essere utile ricorrere ad un aiuto psicologico. Per alcune persone è molto difficile farsi aiutare, accettare e riconoscere di essere vittime e a volte, si può giungere in ritardo a prendere provvedimenti anche per questo.
La linea di confine tra insistenza innocua e molestie assillanti non è, peraltro, così netta, soprattutto quando entrano in gioco fattori di valutazione soggettivi, come ad esempio il vissuto della vittima.
Lo stalker può produrre nella vittima profondi e laceranti turbamenti che minano l’equilibrio fisico e psichico di quest’ultima perché in seguito all’evento la vittima sperimenta un deterioramento della qualità di vita che va ad intaccare il suo benessere psicofisico.
Il soggetto stalkizzato, infatti, ripercorre mentalmente più volte questi episodi ponendosi domande, cercando di capire cosa altro poteva dire o fare per prevenire ciò che invece si è verificato. A volte dandosi anche la colpa dell'accaduto.
E’ in questa fase che appare di fondamentale importanza rivolgersi ad uno psicologo in grado di accompagnare in un percorso di presa di coscienza, di riorganizzazione del trauma nel tentativo di ritornare alla normalità.
Lo psicologo attraverso un attento ed empatico ascolto può sostenere la vittima, stimolando fiducia alle sue personali capacità, nel tentativo di aiutarla a riacquistare l’autostima e la fiducia e il benessere perduto.

Bibliografia:
http://www.crimepsy.org/1/stalking_e_psicopatologia_1224627.html
http://www.scribd.com/doc/37955976/Il-Sostegno-Psicologico-Alla-Vittima-Di-Stalking
http://www.istitutoaffarisociali.it/flex/AppData/Redational/Ejournal/Articoli/Files/D.56e95be3ae27dee3714d/stalking.pdf
http://www.psicologi-italia.it/stalking.htm
http://www.maldamore.it/Teoria_dell_attaccamento_e_Stili_d_attaccamento.htm)
http://it.wikipedia.org/wiki/Raptus
“STALKING: RIFLESSIONI PSICHIATRICO-FORENSI E MEDICO-LEGALI” di Marasco M. - Zenobi S. c/o Difesa Sociale 2003
Dott. Massimo Buttarini: “Legami, stili di attaccamento e psicopatologia della relazione: dallo stalking